C'ERA UNA VOLTA...

Ukulele, elementi di storia e organologia

INTRODUZIONE alla tesi di laurea di Fabio Saba

Quando ho iniziato a suonare l’ukulele, ormai quasi quindici anni fa, non l’ho fatto immaginando quanto ampia fosse la cultura che gli sta alle spalle. D’altronde ero molto più giovane di ora e gli unici motivi per cui mi affascinava erano il suono e le dimensioni ridotte.

Il primo strumento che ebbi tra le mani (e che mi fu regalato) era di quelli cosiddetti entry level, ovvero da principianti. L’ho suonato per almeno sette o otto anni prima di decidere che fosse il momento di cambiarlo. Mi ricordo che a causa del materiale (una qualche sottospecie di finto legno) e delle corde, la corda del Do (la terza) era così sensibile da suonare sempre stonata. Bastava schiacciarla poco più del necessario per far aumentare il suono di un quarto di tono e renderlo fuori luogo rispetto all’armonia che stavo producendo.  Spesso ero costretto a gestire la forza di ogni singolo dito della mano sinistra, perché ad ognuno di essi capitava di dover suonare qualche nota su quella corda. Eppure con quell’ukulele sono riuscito a suonare molta musica. Sono stato applaudito e mi sono preso delle belle soddisfazioni. E non credo sia stato dovuto alla mia bravura come musicista (anche perché non sono un bravo musicista) ma al fatto che l’ukulele sia semplicemente bello da ascoltare. Ha un suono che piace a tutti, sempre. Basterebbe cercare la parola “ukulele” su un motore di ricerca qualunque per trovare migliaia, se non milioni, di persone che lo suonano in migliaia di modi diversi. E ciò che mi rende orgoglioso è che, per il semplice fatto che lo stiano facendo, ognuno di loro viene apprezzato per quello che fa.

L’ukulele è storia di uno strumento. Le origini europee, lo mettono in una posizione tale per cui gli strumenti più vicini sono quelli che accomunano tutti i moderni strumenti a corda pizzicata. Dall’Oriente lontano e vicino, fino all’Europa cristiana, i liuti hanno collegato le culture tra di loro. L’ukulele è discendente legittimo di questa cultura variegata, portandola poi in un arcipelago in mezzo all’Oceano Pacifico, sconosciuto fino a pochi secoli fa.

L’ukulele è storia di una civiltà. Colonizzate per la prima volta da esploratori polinesiani tra il 900 e il 1150 D.C. , sono state portate alla luce da James Cook nel 1778, così come scritto sul suo diario di viaggio. Tra l’arrivo degli esploratori polinesiani e la successiva colonizzazione europea, che ha poi portato alla cancellazione della cultura natia, le Hawai’i hanno subito il potere di diverse culture, dimostrando, però, una grande capacità di adattamento.

L’ukulele è didattico. Grazie alle sue dimensioni, alla semplicità di utilizzo e al costo contenuto, l’ukulele è stato ed è tutt’ora usato come strumento per la didattica musicale. Lo testimoniano i numerosi spartiti usciti tra gli anni ’10 e ’30 del Novecento, con espliciti riferimenti all’uso dello strumentino. Lo testimoniano anche le centinaia di scuole di musica che in tutto il mondo hanno creduto nella validità del suo utilizzo, a scapito dei flauti dolci, dei tubi sonori e di altri strumenti maggiormente utilizzati. Nonostante questo, purtroppo, la sua diffusione in ambiente scolastico è ancora lontana dall’essere culturalmente accettata.

L’ukulele è soprattutto comunità. Un recente documentario ne parla ampliamente. Il film del 2009, “Mighty Uke: the Amazing Comeback of a Musical Underground” di Tony Coleman e Margaret Meagher, si sviluppa proprio a partire da questo concetto. Si legge sul retro della confezione:

Viaggia per il mondo per scoprire perché così tante persone di differenti nazioni, culture, età e gusti musicali, sono attratte dall’ukulele per esprimere loro stessi e connettersi con gli altri .

Con questa tesi mi sono impegnato a racchiudere in un’unica opera quanto più sia riuscito a trovare sull’ukulele, lasciando margini per futuri approfondimenti che sarebbe opportuno affrontare poiché l’ukulele è tra gli strumenti musicali più venduti nel mondo . Chiaramente non ho la pretesa di essere infallibile e potrei aver scritto un mare di idiozie. Per giustificarmi posso dire di aver cercato fonti davvero ovunque, ma gli errori e le distrazioni possono essere sempre dietro l’angolo. Se ci fosse qualcosa di sbagliato, scrivetemi pure e cercherò di correggerlo (“Se sbalio mi corigerete” cit).  Ho naturalmente dovuto anche tagliare corto su determinati argomenti: è una tesi e non un saggio per la Einaudi, e poi l’ho scritta in pandemia.

Inoltre so che qualcuno dei miei amici avrebbe avuto piacere ad essere nominato tra queste pagine, ma purtroppo (no, è una fortuna!) siete tanti e ho dovuto compiere delle scelte. Spero comprenderete. Però vi ho messi tra i ringraziamenti, dimenticandomi di tutti gli altri, ovviamente. Spero che questi si aggiungano da soli perché a me fa solo piacere.

Ps: le ultime righe le ho aggiunte ben dopo la discussione, così i ringraziamenti.

Peace

Fabio Saba

SE VI INTERESSA PROSEGUIRE LA LETTURA POTETE SCARICARE QUI DI SEGUITO LA TESI COMPLETA:  Ukulele, elementi di storia e organologia – fabio saba

BUONA LETTURA!

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